La rana vive nel limo e nel fango. Viene percepita come un animale impuro, viscido e sfuggente. Spesso è associata al Demonio e alle sue azioni impudiche, lascive e disgustose: le si attribuiscono le tendenze peccaminose della gola e della lussuria. La tradizione classica, esemplificata nelle metamorfosi di Ovidio, assegna a questo anfibio notturno -  che odia il sole e preferisce una mezza esistenza giocata sul confine incerto delle cose (tra acqua, terra e aria) – un infelice destino: sono mutati in rane infatti quei villici ignoranti e blasfemi che avendo scorto al dea Latona nell’atto di dissetarsi con i propri figli attingendo alle acque di uno stagno, glielo proibiscono saltandoci dentro per intorbidarle ed emettendo strani versi di scherno. Spesso utilizzata da Dio come animale infestante è rappresentazione perfetta della vacuità della vita dissoluta, consumata nella più totale inconsapevolezza di sé: lo stolto, come la rana, si riempie la bocca d’aria e ne fa uscire versi privi di significato.

 

 "Codex Guarnerii"

Angelo Floramo - Paola Barigelli

Guarnerio Editore

 

La rana intesa come vita dissoluta e quindi  tenebra dell'anima, tenebra a cui Alda Merini attribuisce un senso poetico di bellezza:

"La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori"